La Curia e il mondo: Francesco 2018

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Dalla riforma della Curia alle migrazioni, dai “traditori” alle numerose guerre in corso, fino alla Russia, alla Cina e a Gerusalemme, passando per i viaggi in Cile e Perù: un 2018 che per Francesco si annuncia già intenso, con un occhio all’anno appena concluso.

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Nel corso di questo 2018, il 13 marzo, papa Francesco entrerà nel suo sesto anno di pontificato. Un’occasione per riprendere alcuni dei fili dell’anno appena concluso, anche in previsione dei molti impegni che attendono il Pontefice nel 2018.

1. Udienze e celebrazioni
Dopo le festività natalizie e l’inizio del nuovo anno la ripresa delle udienze generali è prevista per domani, mercoledì 3 gennaio 2018, con l’appuntamento in Aula Paolo VI. Come di norma il 6 gennaio è in programma la celebrazione dell’Epifania, a chiusura del ciclo natalizio. Il giorno dopo, festa del Battesimo del Signore, come da tradizione Francesco officerà il battesimo di alcuni bambini nella Cappella Sistina, spesso momento di importanti spunti di riflessione sulla famiglia.

2. Migranti
Una data da segnare, sopratutto per il rilievo che il tema ha assunto durante il pontificato di Francesco, è il 14 gennaio, 104a Giornata mondiale del migrante e del rifugiato. Il messaggio del Papa, reso pubblico lo scorso 15 agosto, è un condensato del pensiero di Francesco sull’atteggiamento che cristiani e comunità internazionale dovrebbero adottare nei confronti di quel “segno dei tempi” rappresentato dalle migrazioni: accogliere, proteggere, promuovere e integrare. Desideroso di farsi «voce di questi nostri fratelli e sorelle che invocano per il loro futuro un orizzonte di pace», come sottolineato nell’Angelus del 1° gennaio 2018, ai migranti il Pontefice ha già dedicato anche il proprio messaggio per la 51a Giornata mondiale della pace celebrata due giorni fa, sul tema “Migranti e rifugiati: uomini e donne in cerca di pace”. Inviti alla riflessione che hanno già stimolato iniziative nelle Chiese locali, come il Sinodo minore che impegnerà la Chiesa ambrosiana dal 14 gennaio al 4 ottobre 2018. Le migrazioni, comunque, rimangono un argomento non facile da affrontare e che è valso al Papa diverse ed opposte asperità, tanto per una disponibilità all’accoglienza da taluni giudicata eccessiva, quanto per le presunte “svolte” in tema di controllo dei flussi. Il tutto mentre negli Stati Uniti e in diversi Paesi europei negli ultimi mesi gli elettori hanno premiato i sostenitori di politiche decisamente più inclementi.

3. Viaggi all’estero
Se il 2017 è stato l’anno dei viaggi in Egitto, Portogallo, Colombia, Myanmar e Bangladesh, il primo impegno di rilievo del 2018 sarà il viaggio apostolico che dal 15 al 22 gennaio condurrà Francesco in Cile e Perù. Per il Papa sarà il quarto viaggio in Sud America, dopo Brasile (2013), Ecuador-Bolivia-Paraguay (2015) e Colombia (2017), ma ancora non nella natia Argentina. Nel corso del 2018, però, Francesco potrebbe essere atteso anche in altri Paesi: nell’Irlanda del IX Incontro mondiale delle famiglie (Dublino, 21-26 agosto), un tempo roccaforte europea del Cattolicesimo, oggi in forte crisi; ma anche nel Salvador del beato Oscar Romero, del quale è prevista la canonizzazione. Momenti importanti in ottica ecumenica potrebbero aver luogo alla presenza del Papa in Estonia, Lettonia e Lituania, ma soprattutto in Romania, dove Francesco potrebbe recarsi su invito dei vescovi cattolici romeni, del Patriarcato ortodosso romeno e del presidente della Romania, Klaus Johannis, in vista della beatificazione di sette vescovi greco-cattolici martirizzati durante il regime comunista. All’elenco dei possibili viaggi all’estero sono poi da aggiungere India e Francia: per la visita ad entrambe, più volte rinviata negli scorsi anni, il 2018 sarà l’anno buono?

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4. Viaggi in Italia
Ricco si annuncia anche il calendario delle visite pastorali che Francesco potrebbe condurre in Italia. Nel 2017 fuori dalla diocesi di Roma sono state cinque: a Milano (25 marzo), Carpi (2 aprile), Genova (27 maggio), Bozzolo e Barbiana (20 giugno) e Cesena (1° ottobre). Nel complesso, il passaggio da una delle diocesi più grandi del mondo, con un arcivescovo uscente (il card. Angelo Scola), ai paesi di don Primo Mazzolari e don Lorenzo Milani, per concludere con un Congresso eucaristico diocesano e un vescovo che da diversi punti di vista incarna l’ideale pastorale di Francesco (mons. Matteo Zuppi). Anche per il 2018 gli appuntamenti interessanti non mancano. Sabato 17 marzo il Papa sarà a Pietrelcina e a San Giovanni Rotondo in occasione del 50º anniversario della morte di san Pio e del centenario dell’apparizione delle stimmate. Non risultano, invece, ancora calendarizzati i possibili viaggi a Molfetta e Alessano per il 25° anniversario della morte di don Tonino Bello, così come a Venezia, per incontrare le Chiese del Triveneto. Smentita dalla diocesi di Mazara del Vallo, invece, la vociferata visita di Francesco a Marsala. Non sono da sottovalutare, infine, le visite pastorali condotte entro i confini della diocesi di Roma. Numerose e significative quelle del 2017: occasioni di spunti pastorali, ma anche momenti all’insegna dell’ecumenismo, come nel caso dell’inedita visita alla chiesa anglicana “All Saints” del 26 febbraio scorso.

5. Il mondo e Gerusalemme
L’attenzione di Francesco e della Santa Sede, comunque, si estende ben oltre le mete di viaggi apostolici e visite pastorali. L’elenco delle «opere di morte […], piccole e grandi offese alla vita, alla verità, alla fraternità», come ha ricordato il Papa lo scorso 31 dicembre durante l’omelia dei Primi Vespri della solennità di Maria Madre di Dio, è, purtroppo, molto lungo e a questo proposito sono numerosi gli scenari di crisi nel mondo ricordati dal Pontefice nel messaggio Urbi et Orbi del 25 dicembre scorso: dal Medio Oriente all’America Latina, passando per l’Africa e l’Asia. Qui a preoccupare è anche la questione nordcoreana, con venti di guerra che vengono dati (prematuramente) sempre più prossimi ad ogni nuovo “test” missilistico di Kim Jong-un. Più realisticamente, sebbene l’Isis appaia ormai sconfitto sul piano territoriale, il dramma siriano e iracheno rimane tutt’altro che risolto. Sulla questione la diplomazia vaticana si è spesa parecchio in questi ultimi anni, in particolare nella persona del segretario di Stato, il card. Pietro Parolin. Dopo un 2017 apertosi con l’udienza concessa da Francesco al presidente palestinese Mahmud Abbas (Abu Mazen), il 14 gennaio, non può che preoccupare l’acuirsi della tensione fra israeliani e palestinesi in seguito al riconoscimento statunitense di Gerusalemme come capitale dello Stato di Israele. Una decisione recentemente giudicata «pericolosa» per la stabilità dell’area anche dal card. Béchara Boutros Raï, patriarca di Antiochia dei Maroniti. È presumibile che anche nel 2018 Francesco continuerà a lavorare per l’unica soluzione finora ritenuta praticabile: la pacifica coesistenza di due Stati all’interno di confini concordati tra loro ed internazionalmente riconosciuti.

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6. La sfida cinese
Questione aperta rimane anche quella dei rapporti con la Cina. Autorità governative e Santa Sede si dichiarano accomunate dalla volontà di un «dialogo costruttivo» e per un «miglioramento delle relazioni», ma le notizie contrastanti sulle ordinazioni di vescovi e sacerdoti illegittimi e la persistente voglia di “autonomia” da Roma manifestata dall’Associazione patriottica dei cattolici cinesi, la “Chiesa cattolica” di Stato creata con lo scopo di controllare le attività dei cattolici in Cina, continuano a pesare negativamente. Un certo clamore ha destato anche la recente decisione del Partito comunista cinese di vietare le celebrazioni natalizie: ufficialmente per contrastare la diffusione delle (peraltro esecrabili) derive commerciali che circondano ormai il Natale nella cultura occidentale, ma finendo con l’impedire a funzionari di governo e studenti universitari di partecipare alle celebrazioni natalizie, definite «oppio dello spirito».

7. Rapporti sempre più saldi con la Russia
Sullo sfondo dello scenario internazionale rimangono anche i rapporti fra il Vaticano e la Russia, positivi sul piano politico, ma ancora da approfondire su quello religioso dopo l’incontro del 2016 tra Francesco e il patriarca di Mosca Kirill. Importante anche in questo caso l’azione del card. Parolin, discepolo del padre dell’Ostpolitik Agostino Casaroli, ma anche quella di mons. Paul Richard Gallagher, inviato speciale con funzioni di osservatore permanente della Santa Sede presso il Consiglio d’Europa e dal 2014 segretario per i rapporti con gli Stati. I suoi scambi con il ministro degli Affari Esteri russo, Sergei Lavrov, rinsaldati dai frequenti incontri nell’ultimo anno, risultano proficui su numerose questioni di politica internazionale. Non è un caso che, nell’augurare a Francesco «salute, felicità e successo nei suoi nobili sforzi», in vista del 2018 il presidente russo Vladimir Putin auspichi di poter «continuare la cooperazione costruttiva tra Russia e Vaticano». Le buone relazioni con la Russia si manifestano anche in campo culturale e medico. Appartiene al primo la mostra inaugurata a Mosca in dicembre sul tema “I Romanov e il soglio pontificio: 1613-1917. La Russia e il Vaticano”, mentre sono da ricondurre al secondo i legami di collaborazione e scambio di materiale scientifico fra il Vaticano e ricercatori russi, oltre che l’assistenza sanitaria fornita dall’ospedale pediatrico Bambin Gesù a numerosi fanciulli provenienti dalla Russia. Fronte caldo rimane, però, quello ucraino, con un conflitto che dal 2014 ancora non accenna a concludersi. Nei giorni scorsi un segnale positivo è giunto dallo scambio di oltre 300 prigionieri fra le parti in lotta. Nel complesso, comunque, come sottolineato recentemente dall’ambasciatore russo in Vaticano, Alexander Avdeev, mai come oggi le relazioni fra Vaticano e Russia appaiono salde. In attesa di coronarle con un viaggio del Papa a Mosca.

8. Il fronte interno: dai “Dubia” ai traditori
Numerose e complesse appaiono, infine, le questioni che attendono Francesco sul fronte interno. È ancora sul tavolo la vicenda dei “Dubia” (dubbi) su Amoris laetitia, comunione ai divorziati risposati e più in generale sul valore delle norme morali che riguardano la concezione della vita cristiana sollevati nell’ormai lontano novembre 2016. Un argomento ancora capace di aggregare buona parte della “opposizione” a Francesco. Dei quattro cardinali firmatari – Raymond Leo Burke, Walter Brandmuller, Carlo Caffarra e Joachim Meisner – due sono scomparsi nell’ultimo anno (Meisner in luglio e Caffarra in settembre). Ai “Dubia”, dicono alcuni, Francesco ha risposto con la pubblicazione negli Acta Apostolicae Sedis (la gazzetta ufficiale della Santa Sede) della lettera con la quale si congratula con i vescovi argentini per le linee guida elaborate sulla Amoris laetitia, rendendo così ufficiale che «non sono possibili altre interpretazioni». Roma locuta, causa finita? Non proprio, perché sebbene il grosso dell’interesse – a tratti un po’ morboso – appaia ormai sfumato, in alcuni ambienti cattolici fra Chiesa e web la questione sembra tutt’altro che conclusa. A scombinare le cose, però, ha pensato pochi giorni fa il card. Gerhard Ludwig Müller. Punto di riferimento di molti sostenitori dei “Dubia”, il prefetto emerito della Congregazione per la dottrina della fede, dopo aver incassato l’apprezzamento del papa emerito Benedetto XVI per aver «difeso le chiare tradizioni della fede», ha recentemente dichiarato di «appoggiare» il contributo alla discussione venuto da un libro di Rocco Buttiglione di recente pubblicazione fortemente criticato da buona parte dei sostenitori dei “Dubia”, ritenendo che in esso il filosofo e politico italiano «abbia dissipato i dubbi dei cardinali e di molti cattolici che temevano che in Amoris laetitia si fosse realizzata una alterazione sostanziale della dottrina della fede».

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Per un campanello d’allarme che – forse – accenna a spegnersi, ce ne sono altri che non mancano di risuonare, e pesantemente. Nell’ultimo anno scandali finanziari e sessuali non sono mancati nella Chiesa e le “malattie” diagnosticate nel 2014 da Francesco, dal carrierismo alle chiacchiere, dalla vanagloria all’accumulazione, sono tutt’altro che guarite. Logica dei complotti e delle piccole cerchie, autoreferenzialità, ma soprattutto gli ostacoli dei «traditori di fiducia o degli approfittatori della maternità della Chiesa, ossia le persone che vengono selezionate accuratamente per dare maggior vigore al corpo e alla riforma, ma – non comprendendo l’elevatezza della loro responsabilità – si lasciano corrompere dall’ambizione o dalla vanagloria». Così li ha definiti il Pontefice il 21 dicembre scorso nei tradizionali – e ultimamente un po’ temuti – auguri natalizi alla Curia romana. Forse un mea culpa per alcune nomine poco felici, un «cattivo gusto nello scegliere la gente» che il Papa aveva già ammesso di ritorno da Fatima e nel quale fronti opposti hanno visto adombrate opposte personalità. Quel che è certo, però, è che nessuna corrente ha mai avuto l’esclusiva sulla corruzione. E che, per dirla con le parole di mons. Francesco Saverio de Mérode, citate da Francesco, «fare le ‎riforme a Roma è come pulire la Sfinge d’Egitto con uno spazzolino da denti». Buon anno.

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