Sono gli anni ’50 quando in Polonia nasce Nowa Huta. Simbolo del Socialismo, la città ha case, ospedali, scuole. Ma non una chiesa. Ne nascerà una battaglia per la croce con protagonista anche Karol Wojtyła.
A chi si trovasse oggi a passeggiare per la città di Cracovia, perdendosi fra le luci e l’eleganza delle mille guglie del centro storico, il quartiere di Nowa Huta potrebbe passare inosservato. A pochi minuti dal centro della capitale culturale polacca, il maniacale rigore geometrico dei suoi viali e la sobrietà dei palazzi che vi si affacciano restituiscono una sensazione di anonimato piuttosto che di monumentalità. Solo l’atmosfera ancora viva degli anni ’60 e ’70, con i tram dell’epoca ancora funzionanti e i caratteristici bar mleczny, le “latterie” dei tempi del Socialismo, danno a questo angolo di Cracovia un carattere proprio.
Eppure Nowa Huta è stata progettata per incarnare la città comunista ideale. Sorta all’inizio degli anni ’50 poco fuori Cracovia secondo i dettami del realismo socialista, la “Nuova Acciaieria” venne pensata per tradurre in cemento le idee alla base del Socialismo, educare, plasmare il nuovo ordine sociale, ma anche per compiacere le manie siderurgiche di Stalin con un’acciaieria grande cinque volte il centro storico di Cracovia, nella quale troveranno lavoro fino a 40.000 operai, trasferiti da altre aree della Polonia.
Una roccaforte operaia dalla quale sfidare le tradizioni borghesi e religiose della popolazione di Cracovia, sostituendole con il Comunismo di Lenin e Stalin. Come ogni roccaforte andava nutrita – di case, fabbriche, scuole, ospedali – e difesa. Per prima cosa da Dio. Un progetto curato nei minimi dettagli urbanistici e ideologici per ottenere una città senza Dio e senza religione, priva di chiese.
Ma Nowa Huta non poté essere difesa dagli ideali della sua stessa popolazione. Nel 1960 gli abitanti di Nowa Huta chiedono alle autorità la costruzione di una chiesa. Władysław Gomułka, segretario generale del Partito Comunista polacco, non pone difficoltà. La popolazione, galvanizzata dall’insperato successo, inizia una raccolta di donazioni per la costruzione dell’edificio e innalza sul luogo prescelto per la costruzione della chiesa, all’incrocio fra via Marx e via Majakovskij, una croce in legno alta 8 metri, simbolo del ritorno architettonico di Dio nell’urbanistica della città.
La battaglia, però, si rivela tutt’altro che vinta. Presto il regime cambia idea: sul luogo della chiesa dovrà sorgere una scuola elementare. L’87sima di Nowa Huta. La chiesa non verrà stata costruita, i 2 milioni di złoty raccolti con le offerte confiscati e la croce rimossa. È la mattina del 27 aprile 1960. In migliaia si raccolgono a difesa del simbolo religioso, sfidando gli uomini della ZOMO, la milizia antisommossa della Polonia comunista. Fra gli operai a fine turno e quelli che stanno andando al lavoro, gli anziani, le donne e i bambini c’è anche l’arcivescovo di Cracovia, Karol Wojtyła.
A nulla valgono gli appelli al rispetto, se non della parola data, almeno del sentimento religioso della popolazione. Iniziano i pestaggi, i lanci di pietre e di acqua bollente. La sede del Consiglio popolare è presa d’assalto. Isolata dal resto della Polonia, con i telefoni staccati, l’energia elettrica interrotta e i media censurati, la città comunista ideale è ora una città sotto assedio, stretta fra le barricate della popolazione e i blindati della polizia. La giornata trascorre fra scontri, morti, feriti e rastrellamenti, che proseguono nei giorni successivi. È ormai notte quando la ZOMO e le forze armate giunte da Cracovia e Varsavia riprendono il controllo di Nowa Huta. La scuola elementare ha infine la meglio sulla chiesa, ma i cristiani di Nowa Huta non smettono di lottare. Negli anni la croce viene più volte rimossa e ogni volta ricostruita.
La vigilia di Natale del 1959, sfidando l’inverno polacco, Wojtyła aveva celebrato all’aperto la Messa di mezzanotte. La prima di molte celebrazioni simili, che sarebbero divenute una tradizione durante il suo episcopato. «Oggi a mezzanotte – disse il futuro Giovanni Paolo II nell’omelia del Natale del 1973 – tutta la Chiesa nel mondo intero, su tutta la faccia della terra, dà di nuovo il benvenuto al Salvatore del mondo, che è nato a Betlemme. Lo saluta il Santo Padre celebrando a quest’ora la Messa di mezzanotte nella basilica di San Pietro. Lo salutano i vescovi in tutti i Paesi su ogni continente del mondo. Lo saluta la Chiesa di Cracovia qui a Nowa Huta. Noi veniamo qui per Gesù. Per Gesù noi cerchiamo un tetto».
Complice anche il progressivo “disgelo polacco”, nel 1967 giunge il permesso di costruire la chiesa in un altro quartiere di Nowa Huta e si dà inizio ai lavori. Il 15 maggio 1977 il complesso di Arka Pana, “Arca del Signore”, viene consacrato dallo stesso Wojtyła. Due anni dopo, da papa, Giovanni Paolo II tornerà nella sua Polonia, ma gli verrà impedito di recarsi in visita a Nowa Huta. Il 9 giugno di quell’anno, dal Santuario della Santa Croce a Mogila, il Papa non mancherà di ricordare l’altra croce, la “croce nuova”, costruita «quando sul terreno delle antiche campagne dei dintorni di Cracovia, che è diventato terreno di Nowa Huta, sono venuti uomini nuovi per iniziare un nuovo lavoro. Prima qui si lavorava duramente, si lavorava nei campi, e la terra era fertile, si lavorava quindi con piacere. Da qualche decennio è iniziata l’industria; la grande industria, l’industria pesante. E gli uomini qui giunti, venuti da varie parti, sono arrivati per spendervi le loro energie quali operai siderurgici. Proprio essi hanno portato con sé questa nuova croce. Sono stati loro ad innalzarla come segno della volontà di costruire una nuova chiesa».
Da quella croce sarebbe scaturita anche una nuova Polonia. La costruzione della chiesa di Arka Pana segnò la vittoria del popolo sul regime comunista polacco. Nel nuovo contesto della perestrojka e del collasso del regime sovietico, proprio dagli operai delle acciaierie di Nowa Huta, la città comunista ideale, venne il fondamentale appoggio ai lavoratori dei cantieri navali di Danzica, dove nacque Solidarność, negli scioperi e nelle rivolte che negli anni ’80 condussero alla definitiva caduta del regime comunista in Polonia. Negli anni ’90 anche nei pressi della croce di Nowa Huta, vicino alla scuola elementare numero 87, venne finalmente eretta una piccola chiesa, intitolata al Sacro Cuore. In quello che era stato l’angolo di via Majakovskij, ribattezzato Obrońców Krzyża, “dei difensori della croce”.
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Il Sismografo